disegno di Leila
Il Cerchio dei papà e delle mamme a Montevecchia (LC)
Sintesi di Maria Casiraghi e Roberta Cassia
Primo incontro: martedì 1 ottobre 2019
Il tema degli incontri di quest’anno sono i modi di dire e ciò che suscitano in noi
Di seguito riportiamo cosa è emerso dal gruppo sul modo di dire chi fa da sé fa per tre.
Può essere inteso come “me la cavo da solo”, come una strategia necessaria alla sopravvivenza.
Più comunemente s’intende come “devi tirare fuori le tue risorse, vai a prenderle perché servono”.
Per attingere ad esse, servono sicurezza e fiducia.
Le risorse si trovano nella propria storia, che parte dalla storia dei propri genitori.
Trovare le risorse sta nell’imparare a costruire relazioni a partire dall’essere figlio dei propri genitori.
Quindi come possiamo intendere la parola autonomia?
È quando si fa a partire dalla relazione a tre: io, la mamma, il papà, ossia “io nella mia storia”.
Rispetto all’autonomia le paure che si muovono nei genitori sono queste:
- non sono stato capace d’insegnare a mio figlio l’autonomia
- mi trovo a confrontarmi con un calendario obbligato, su cui misurare le tappe di autonomia di mio figlio, e faccio molta fatica in quando penso non corrispondano.
Questo calendario mette ansia e senso d’inadeguatezza nei genitori.
C’è il rischio di confondere autonomia con autosufficienza. Se l’autonomia è correlata alla fiducia nelle proprie risorse e crea relazione, l’autosufficienza è una strategia per mantenersi in un equilibrio che spesso è basato sul controllo, fa sentire soli, relega nella confusione e nel disorientamento.
È facile anche fraintendere autonomia dai genitori e dipendenza dal genitore.
Noi tutti siamo nella continua ricerca di un equilibrio per poter vivere.
Facciamo continuamente i conti con il nostro mondo interiore e le sollecitazioni che riceviamo dall’esterno. Autonomia è tenere insieme la propria crescita nella relazione con l’interno di sé e l’esterno da sé.
Se manca la fiducia in se stessi abbiamo bisogno del controllo, che concretizziamo nel bisogno di stare sempre vicino al genitore anche fisicamente o, all’opposto, distante da lui.
Nel Cerchio c’è spazio per esprimere le proprie convinzioni e si attraversa la vergogna, la difficoltà ad esporsi, la generosità e la fiducia nel raccontarsi e lasciar emergere le domande.
Ad ogni età è possibile rivedere le convinzioni che ci siamo costruiti nel tempo vissuto e metterle a confronto come, ad esempio, si pensa che l’abbraccio con il genitore sia segno di debolezza o dipendenza affettiva.
E se fosse che il permettersi di chiedere l’abbraccio al genitore sia il segno dell’autonomia raggiunta?