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Frida

DANZA A DISTANZA MA VICINI NELLA STANZA

dettaglio tratto da un dipinto di Frida Kahlo – Radici, 1943

di Carmen Greco e Palma Domenichiello

In questo periodo di lockdown la creatività ha percorso strade inesplorate: limiti imposti dalla pandemia sono diventati delle occasioni per favorire percorsi più intimi all’interno delle proprie mura domestiche. La socializzazione si è spesso trasformata in un’esperienza di condivisione consapevole. È con queste premesse che è nato il progetto: “danza a distanza ma vicini nella stanza”. L’esperienza, condotta nei mesi di aprile e maggio 2020 in uno spazio virtuale, da Palma Domenichiello, Annalisa Laterza e Carmen Greco, ha avuto una cadenza bisettimanale e ha coinvolto in media 5-6 coppie madre-figlie, in età compresa tra i 5 e i 9 anni. Ogni incontro della durata di 40 minuti ciascuno è stato cosi articolato: 1. Breve presentazione delle coppie presenti (5 m circa) 2. Svuotamento mente-corpo per ampliare le capacità ricettive della persona (20 m). Ascolto corporeo in posizione di decubito supino. Attraverso le proposte di registrazione consapevole del proprio respiro e di rilassamento corporeo è possibile attivare un più ampio ascolto, dove tutte le dimensioni della persona sono state coinvolte. La proposta è avvenuta all’interno della diade madre e figlia, i tempi e le modalità hanno subito variazioni a seconda della relazione emotiva della coppia. A volte si sono registrate alcune resistenze, ad esempio qualche mamma ha “agito” la difficoltà della figlia, allontanandosi dalla proposta operativa. Altre volte la proposta si è articolata in maniera più spontanea. Sono emerse emozioni come: giudizio, inadeguatezza, competizione, rabbia, ansia, vergogna, paura, svalutazione. Il poterle nominare ha alleggerito il carico emotivo ed ha permesso una fruizione più serena dell’esperienza. Premettiamo che l’attivazione corporea può favorisce l’emersione di emozioni scomode censurate, liberando cosi corpo e mente per permettere poi una migliore assimilazione dell’agire. Del resto anche i filosofi peripatetici utilizzavano il movimento (ovvero, la camminata in diverse direzioni nello spazio ) per favorire l’apprendimento. Anche fisiologicamente il corpo funziona così: il corpo, per poter introiettare ed assimilare bene il nuovo cibo, ha bisogno di eliminare le scorie e alleggerirsi del sovraccarico (funzione dell’apparato digerente). Apprendiamo meglio se siamo rilassati e se non stiamo in uno stato di sovraccarico 3. Lettura di un racconto a turno tra le coppie partecipanti (10 m) Sono stati scelti, prevalentemente racconti brevi e con un significato morale, racconti che potessero parlare di “trasformazione di emozioni”. Sono emerse: inadeguatezza, fragilità, competizione, egocentrismo, rabbia e prevaricazione, paura, ansia e svalutazione, ma anche la tenerezza, la vicinanza affettiva, la fiducia e la speranza. Ogni fiaba era sintonica con l’emozione caratterizzante ciascuna bambina. Del resto i genitori avevano utilizzato precedentemente e consapevolmente la stessa fiaba con le proprie figlie per favorire un’azione educativa. Il racconto, letto dalle mamme o dalle bambine, una volta emersa la morale, ha favorito il dialogo a partire dalle proprie impressioni. Questo laboratorio ha facilitato la dimensione della creatività, come possibile canale di espressione della propria emotività e come strumento di comunicazione polidimensionale madre-figlia. La proposta della fiaba è intesa non solo come atto liberatorio di emozioni, ma come un possibile modo per presentare anche a chi ci sta vicino affettivamente, il proprio modo di essere autentico. Ognuno si è messo in gioco, sperimentandosi anche con i propri limiti e lasciando una traccia visibile della propria identità. Al termine dell’esperienza abbiamo raccolto i vissuti di ognuno. Ciò che comunque è stato evidenziato è la commozione e il piacere di aver vissuto momenti di vicinanza affettiva e di ascolto privo di interferenze esterne. La resistenza iniziale, concedendosi il tempo necessario, è stata superata grazie ai continui rimandi sulla fiducia nelle proprie risorse e nell’alleanza genitoriale, Il movimento non è stato la danza fine a se stessa, ma una “danza dell’anima” che ci riporta alle radici. Alla fine c’è stata soddisfazione, rilevando unicità delle coppie che si sono messe in gioco in virtù di un legame affettivo madre-figlia profondo ed unico. Lo stile con cui noi abbiamo voluto incontrare i genitori non è quello del giudizio ma quello di una ricerca compartecipe. Attraverso questo laboratorio è avvenuto un dialogo tra saperi a più livelli: il corporeo, il logico-razionale, l’analogico, l’affettivo, ma sempre a partire dalle esperienze che ogni diade ha messo in gioco. Il dato che ci sembra importante è l’avere fiducia nella propria capacità di amare, come riferimento primario per la costruzione di qualsiasi apprendimento.