disegno di Leila
Il Cerchio dei papà e delle mamme a Montevecchia (LC)
Terzo incontro: martedì 3 dicembre 2019
Sintesi di Maria Casiraghi e Roberta Cassia
Il tema degli incontri di quest’anno sono i modi di dire e ciò che suscitano in noi
Di seguito riportiamo cosa è emerso dal gruppo sul modo di dire il lupo perde il pelo ma non il vizio
Si parte da una doppia visione del tema, proposta da due ragazze adolescenti:
- Il senso è dato dalla reiterazione di una dinamica, sia in positivo che in negativo, senza riuscire a modificarsi. Si fa sempre tutto nello stesso modo, anche quando si vede chiaramente che “non funziona”
- Il senso è legato al modo di fare degli “anziani”, che non riescono ad evolvere e ad adattarsi ai nuovi sistemi di pensiero, rimangono fissi sulle loro idee, non accettano i cambiamenti, non vogliono o non riescono ad avvicinarsi a modalità per loro sconosciute.
Perdere il pelo è qualcosa di naturale. Si può considerare come un cambiamento spontaneo nel flusso delle stagioni del vivere.
Il vizio è qualcosa che tocca nel profondo. È una modalità che nasce come risposta ad una convinzione (inconsapevole) ed è disfunzionale.
Il vizio fa vedere che è impedito il cambiare, è qualcosa che si ripete e fa sentire talvolta senza speranza.
Cambiare un proprio modo di essere spaventa. Cambiare muove obiezioni e pretesti che sono spesso molto ragionevoli ma che confermano l’impossibilità a cambiare, entra in azione ciò che viene chiamata resistenza.
Si cambia non per una questione di volontà o di ragionevolezza, si cambia per fiducia nelle forze esistenti ma inutilizzate.
Quando si riesce a portare a consapevolezza il bisogno sottostante, che va ad attivare il vizio (il comportamento che si ripete), allora si può cambiare. “Quando mi rendo conto di ciò che si muove, posso cambiare”.
Non è un passaggio della ragione ma del sentire emotivo e affettivo.
Quindi è necessario essere consapevoli che i comportamenti e atteggiamenti disfunzionali (ad esempio dipendenze, forme di perdita di controllo, ecc) sono risposte a bisogni propri o a bisogni esterni a sé , sottaciuti di altri, di cui ci si fa carico dando visibilità e voce.
È quanto spesso succede in famiglia: i genitori mettono in scena, fanno vedere, con il loro modo di dire e di fare, ciò che i figli non riescono ad avere chiaro e/o a dire.
Portare i figli a dare parola ai loro vissuti è un compito naturale quanto impegnativo dei genitori.
Nella circolarità degli interventi dei partecipanti al Cerchio emergono diverse sfaccettature riguardante il cambiamento : i timori e gli ostacoli conosciuti, i tratti della sensibilità che si ereditano dai genitori e che spesso anziché essere considerati risorse sono visti come limiti.
Il cambiamento avviene secondo i tempi di ognuno e richiede di fare esperienza, non è legato al “capire” ciò che si dice con la parola.
I genitori sanno di “mostrare” ciò che i figli non riescono a portare a consapevolezza?